sabato 17 febbraio 2018

Strada e pista: il punto della situazione e qualche idea

La vicenda dell'atleta amatore "offeso" dallo speaker della 5 Mulini ha suscitato un grande clamore mediatico.
Ne stanno parlando fin troppi, persino esponenti politici, e personalmente non voglio aggiungermi alla coda dei vocianti.

Preferisco prendere spunto per spostare il focus su una questione diversa.
Il grosso del movimento atletico è costituito dall'enorme numero di amatori. Sono questi che smuovono i quattrini e che fanno interessare gli sponsor. Le grandi corse su strada internazionali si finanziano grazie soprattuto alla partecipazione di massa.

Penso che la Maratona di New York non sarebbe la stessa, senza l'effetto scenografico delle migliaia di partecipanti sui ponti e per le strade della città, a cui fa da cornice il grandissimo numero di spettatori sul percorso che incitano gli atleti.

In buona sostanza, si è creato, a catena, un effetto traino di tutte le corse su strada, dalla maratona di prestigio alla stracittadina, che brulicano di partecipanti. Ma, allo stesso momento, si è avuto il progressivo e inesorabile abbandono della pista, sempre più vista come luogo riservato a una piccola élite di atleti.
L'Italia è dove probabilmente questo fenomeno è stato in assoluto più evidente.



Ma ciò non è un bene.
Se vogliamo dare credito a un vecchio adagio "l'atletica si fa in pista, il resto è altro", possiamo ben dire che l'altro ha preso il sopravvento sul tutto, drenando completamente il serbatoio intermedio costituito dagli atleti non di primissima fascia, ma che competevano discretamente a livello regionale/nazionale.

Come è stato ben descritto in questi due articoli pubblicati su Queenatletica (fuga e dimezzamento), si è avuta una vera e propria fuga dall'agonismo da parte dei nostri atleti nel passaggio dalle categorie giovanili a quelle seniores. Il numero di tesserati risale poi con le categorie master, quando vi è una sorta di "riscoperta" dell'atletica ...di strada.

A questo punto, l'unica possibilità di sbocco del nostro giovane atleta di belle speranze rimane quella di entrare in un gruppo sportivo militare, il cui reclutamento è ormai precocissimo.
Difficilissimo infatti trovare una società o degli sponsor che supportino gli allenamenti a tempo pieno necessari per competere a livello professionistico. E, qualora ciò accada, per rendere remunerativo l'investimento fatto sull'atleta, si andrebbe a puntare sulle gare su strada, in particolare maratone e mezze maratone, perché, come detto sopra, è qui che girano i soldi.
Ma è anche qui che cade l'asino, perché per essere competitivi in queste due distanze occorre un considerevole sviluppo delle capacità aerobiche, che necessita di parecchi anni, sempre ammesso di possedere delle caratteristiche individuali predisposte al fondo puro, piuttosto che al mezzofondo prolungato o al mezzofondo veloce.

Ovviamente questo processo è iniziato almeno due decenni abbondanti fa, ed io mi sto convincendo sempre più che, almeno qui in Italia, sia stato proprio questo il detonatore indiretto che ha portato alla mutazione radicale nei sistemi di allenamento che più volte viene lamentata dai "vecchi" addetti ai lavori. Vedi da ultimo il convegno organizzato a margine del Cross Campaccio con relatori Renato Canova e Giorgio Rondelli (degli aspetti tecnici se ne parla approfonditamente qui).

In buona sostanza, si è avuto un incremento esponenziale degli allenamenti "qualitativi", che ormai sono diventati la routine quotidiana, a discapito della cura della resistenza generale dell'atleta di endurance, la cosiddetta "casa aerobica" come la definisce Canova.
Credo che oggi quasi più nessuno segua il modello di allenamento giovanile elaborato da Gigliotti (che vi riporto a lato), il quale tende a sviluppare in maniera graduale tutte le abilità motorie dell'atleta di endurance.


Il tutto nell'ottica di condurre il giovane atleta a performare ad alti livelli sin dalle categorie giovanili, altrimenti è tagliato fuori da tutto.

Ciò è talmente vero che nelle categorie ante-seniores spesso siamo a livello di eccellenza, se non sempre mondiale quantomeno europeo.
Ma ciò ha un prezzo da pagare in termini di:
- rischio di infortuni elevatissimo
- precoce stallo delle prestazioni

Scusate, ma io credo poco alla storiella degli atleti "svogliati".
O meglio, non essendo più abituati sin da ragazzini a sostenere un numero di sedute via via crescente e degli alti volumi chilometrici, entrambe condizioni necessarie per essere competitivi a livello internazionale, diventa "strano" per l'atleta, difficile quando non addirittura pericoloso e controproducente, l'aumento repentino attorno ai 22-23 anni di queste componenti.
Il risultato è che, ormai da svariati anni, non riusciamo a fare risultati di rilievo a livello seniores né in pista né in strada. Anche al netto degli atleti africani.
Praticamente non migliora più nessuno dei nostri top runner da anni come si può evincere da questa statistica.

A mio avviso, provando ad abbozzare alcune soluzioni per uscire dall'impasse, bisognerebbe, innanzitutto, riequilibrare un minimo il sistema e ridurre il divario di risorse e di interesse strada/pista.
Per quanto riguarda la pista non è vero che non si possono creare degli eventi interessanti al pari delle corse su strada, basta gestire il tutto con intelligenza.
 - Si possono ad esempio organizzare dei mini-circuiti di qualificazione: chi li supera, come premio, sarà ammesso a partecipare alla gara importante degli "élite". ...che ne so... s'inventano l'iniziativa "partecipa e sfida i campioni".
- Si possono organizzare le batterie per gara in base ai tempi di accredito di modo da avere sempre serie combattute. Una cosa del genere viene fatta al "Miglio di Roma", che per quanto sia una gara su strada, riproduce una delle distanze più classiche del mezzofondo veloce. L'iniziativa ha riscosso un notevole successo (se riesco a liberarmi dagli impegni lavorativi quest'anno conto di partecipare anche io), perché le batterie si susseguono a ritmo crescente, dagli amatori più "lenti", sino ad arrivare al clou con la partenza degli atleti d'élite.
Lo stesso potrebbe organizzarsi in pista, con il vantaggio che il pubblico può assistere all'intero evento dagli spalti e gli atleti amatori possono stare fianco a fianco con i campioni, senza per questo "intralciarli" nella competizione.

È ovvio che la cosa va pubblicizzata bene a livello di marketing, dopo anni e anni che hanno pompato solo e soltanto le corse su strada. Basti pensare la tanto reclamizzata "Runcard" vale esclusivamente per queste ultime. Per partecipare alle gare in pista bisogna essere obbligatoriamente tesserati per una società ed essere iscritti per il tramite di questa. E la cosa non è del tutto scontata, tenuto anche conto che oggi le società che fanno attività su pista sono una minoranza sul totale.

Insomma, il rilancio dell'attività su pista potrebbe essere una sorta di grande escamotage per arrivare ad avere sbocchi anche al di fuori del ristretto ambito dei gruppi sportivi militari, creando un tessuto "professionistico" più ampio per effetto del quale l'atleta possa avere una crescita graduale, sulla base di una programmazione di più anni, senza dover essere costretto a bruciare le tappe.
Poi se sarà portato per le gare di fondo su strada, il passaggio a queste sarà decisamente meno traumatico partendo da una base costruita bene nel tempo.


Avevo iniziato dal caso dell'amatore della 5 Mulini, ci ritorno velocemente.
62 partecipanti alla gara seniores maschile e 41 a quella femminile ho visto. Un po' pochini a dire il vero. Di questi solo i primi 10-11 classificati sono da considerarsi professionisti, il resto sono amatori più o meno evoluti. Tolti questi coraggiosi, la manifestazione si riduce a una competizione "in famiglia".
Già adesso è stata bellamente ignorata dalla Rai che l'ha trasmessa a tarda serata. Se la si rendesse ancora più esclusiva, come sostengono alcuni, rischia di sparire del tutto.
Quest'anno però è capitato di avere tra i partecipanti un amatore un po' più amatore. 😅
Ma va bene. Fino a quando non ci sarà un circuito di cross organizzato a mo' di campionato con tanto di punti e classifiche i cui migliori posso accedere alla "finalissima", che potrebbe essere proprio la partecipazione alla gara internazionale.
All'amatore bersaglio dello speaker direi, se è un vero atleta, di accettare la "sfida" e di mettersi sotto con gli allenamenti, in modo da ripresentarsi il prossimo anno chiudendo in scioltezza tutti i giri previsti.
Ok, non ho mantenuto la parola,  ho detto la mia anche su questa vicenda. Ma l'occasione era troppo ghiotta.
Scrivete nei commenti cosa ne pensate anche del resto.


11 commenti:

  1. 1) la morte della pista c'è solo in italia
    2) per far arrivare sponsor e soldi anche in pista occorre PRIMA ottenere risultati di alto valore mondiale
    3) se non si ottengono la causa è soprattutto TECNICA: teorie sbagliate
    4) quindi io ribalto l'ipotesi causa-effetto paventata nell'articolo: certe teorie sull'allenamento sono la causa e non l'effetto della morte della pista italiana.
    se ci si allenasse bene come negli anni 70-80 avremmo gente da 9.95, 1'42 o 26'58, allora arriverebbero le medaglie, il rumore mediatico e i dollars
    5) le gare in pista con tante serie già si fanno nelle regioni con tanti atleti

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    1. Mister mi trovo solo in parte d'accordo con te. Nel senso che questa è la risultante di una causa che sta a monte.
      Oggi il giovane atleta, nell'ottica italiana, deve performare subito.
      Per fare quello che dici tu ci vuole una programmazione a lungo termine. Il che, in termini pratici, significa che a livello giovanile l'atleta non sarà tra i primi, e forse nemmeno tra i secondi e i terzi. E questo non conviene né agli allenatori né agli stessi atleti. Mettiti nei panni di un giovane 800/1550ista. Cosa fa a 20 anni se non è in procinto di entrare, o non è già entrato, in un GSM? Può allenarsi per gli affari suoi è vero, ma chi gli "presta" le strutture e le competenze per allenarsi ad alto livello? Chi investe su di lui? All'estero ci sono le Università e i Campus ma qui in Italia a parte i gruppi militari chi abbiamo?
      Sulla base di questo inghippo originario, ha avuto buon gioco la teoria applicata dell'intensità con tutte le conseguenze negative a cui conduce.

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    2. certe teorie sbagliate sono nate 35 anni fa, in un momento in cui l'atletica andava alla grande e l'uomo della strada sapeva non solo chi era cova ma perfino aouita.
      hanno impegato 20 anni per imporsi e fare danni. solo DOPO si sono trovate in concordanza col fancazzismo recente e il bisogno di far risultato da pischelli, il quale anch'esso è figlio dello sfacelo dell'atletica assoluta causato proprio da quelle teorie.
      la causa precede l'effetto.

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  2. a proposito, guardate come si allenava ritzenhein a 17-18 anni (prima tabella), 11 sedute, 4 bigiornalieri tutti nei giorni di scuola. ce n'è qualcuno in italia a quell'età che si alza alle 6 per farsi le prime 7 miglia? no.
    e perchè nel nuoto o nel canottaggio i bigiornalieri li fanno?

    https://runningscience.co.za/elite-athletes-training-log/dathan-ritzenhein/

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    1. Le cause sono molte di più.
      La programmazione degli allenamenti sarà sicuramente sbagliata, abbiamo visto come tra i ragazzi abbiamo prestazioni di livello mondiale che poi vengono ridotte a zero con l'avvicinarsi delle categorie senior.

      Ma per rivedere i metodi di allenamento occorre una bella comprensione di quello che succede. E, con la cultura che si è creata attualmente, quanti dei nostri ragazzi baratterebbe una prestazione mondiale a 16 anni (esempio) per poi ritirarsi dopo poco, con il farsi il mazzo il doppio (come numero di allenamenti.. come intensità invece la proporzione è nettamente minore..) tutti i giorni per avere speranze nel futuro?

      Con tutto ciò che comporta. Alzarsi presto, non poter far tardi la sera (salvo eccezioni), essere moderati in tutto.. e così via.
      Basta solo vedere quanto è difficile chiedere ai giovani atleti di inserire un terzo allenamento settimanale.. figurati a portarli ad 11.

      Però, certo, se si iniziasse a 10 anni a costruirli in questa direzione, magari a 15 anni troverebbero alettante la possibilità di allenarsi più volte al giorno.

      Ma per iniziare così bisogna cambiare radicalmente i metodi e la cultura degli ultimi 15 anni.

      Speriamo di ottenere preziose testimonianze dai nostri atleti con i prossimi articoli..!

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    2. eh, ma non si capisce perchè:
      - all'estero lo fanno senza problemi
      - in italia nel nuoto lo fanno senza problemi

      ieri mi sono visto una ventina di video di allenamenti di ragazzi americani su flotrack, m'è venuto da piangere!
      e tra l'altro tutti a correre a torso nudo (è un sintomo di razionalità!)

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    3. In che senso razionalità correre a torso nudo?
      Se lo fai qui in Italia, a meno che non sei in un luogo di mare, non sempre vieni visto bene se corri senza maglia.. :D

      Comunque non so come mai all'estero lo fanno senza problemi..

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    4. è razionale perchè (quando non fa freddo ovviamente) stai più fresco. già una canottiera ti aumenta la temperatura corporea un botto.

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    5. No beh, certo. In estate al mare o in pista corro anche io senza canottiera.
      Dicono però che sia controproducente perché il sudore non traspira, ma alla fine in estate con la maglia dopo 5 minuti crepo.. senza no. :D
      Il problema sono le gare. Magari si potessero fare senza! Ahah!

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  3. poi la questione "gruppi sportivi militari" regge fino a un certo punto. all'estero non ci sono e comunque lo stato fosaggia poco l'atletica, meno che in italia.
    il ragazzo che fa atletica si trova ad affrontare i problemi, a mio avviso superabili, dei ragazzi che fanno altri sport, può benissimo allenarsi e studiare o lavorare. i canottieri non si allenano 2 volte al giorno senza aspettare la manna dal cielo?
    in sostanza, solo in atletica devono fare i mantenuti dallo stato?

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    1. Luc il canottaggio è uno sport d'élite. Pensa che in UK fino a una 40ina di anni fa facevano problemi ai praticanti di origine "operaia".
      In Italia abbiamo un'ottima tradizione ma non è proprio uno sport popolare. Nel circolo canottieri della mia provincia i costi di un corso full di 1 anno sono di circa 1500 euro all'anno. Ti devi fare socio del circolo e poi pagare la quota mensile. Ci vanno quelli delle famiglie "bene". Poi sicuramente saranno motivatissimi nella costanza degli allenamenti. Questo è indubbio vista la fatica e la prestanza atletica che necessita.

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